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In Volo sull’Atlantico
Il 17 giugno del 1928 l’aviatrice Amelia Earhart conclude il suo primo volo transatlantico, ma nonostante abbia il brevetto da 5 anni è relegata a semplice passeggera.
Ai comandi ci sono il pilota Wilmer “Bill” Stulz ed il copilota Luis “Slim” Gordon.
Il Friendship – un monoplano trimotore Fokker F.VII – impiegherà 20 ore e 40 minuti a compiere la trasvolata che, dalla baia di Trepassey, in Canada, terminerà a Burry Port, in Galles.
Nonostante il ruolo marginale, all’atterraggio gli onori sono quasi tutti per lei. Non era ai comandi, ma restava la prima donna ad aver attraversato l’Atlantico in volo.
Al ritorno a New York fu fatta salire su un’auto lussuosa e portata in trionfo per le strade della città. Il caldo e l’idea di non meritare tutti quegli onori la tormentavano.
Avrei dovuto pilotare io il Friendship, non sedermi come un sacco di patate!
Amelia Earhart
Adocchiò il sidecar vuoto di una moto della polizia che stava scortando la sua auto. Non ci pensò duevolte: sgusciò fuori dal finestrino e ci saltò sopra. Il poliziotto alla guida accese sirene e filò via.
Il 21 maggio del 1932 un Lockheed Vega atterra su una pista di Londonderry, nell’Irlanda del Nord, al termine di una trasvolata sull’Atlantico durata 14 ore e 56 minuti. Il pilota esce dalla cabina con fatica, si lascia scivolare sulla fusoliera, mette un piede sul carrello e saltà giù.
E’ Amelia, che stavolta ha compiuto la traversata in solitaria. A parte Charles August Lindbergh, al tempo, nessun altro pilota aveva mai compiuto l’impresa.
La Earhart ha fatto la storia: è la prima donna a trasvolare l’oceano in solitaria e gli onori sono più che meritati.
Il Giro del Mondo
Amelia è inarrestabile e nello stesso anno sarà la prima donna ad attraversare in volo gli Stati Uniti e, successivamente, l’Oceano Pacifico. Ma non è ancora abbastanza, la Earhart decide che la sua prossima impresa sarà il giro del mondo.
Il Lockheed L-10 Electra scelto per l’impresa verrà modificato sencondo le specifiche suggerite da Amelia e decollerà il 17 marzo del 1937. Ma questo primo tentativo è un disastro, l’Electra ha dei problemi al motore e, successivamente, perde un carrello durante un tentativo di decollo.
Amelia ed il suo navigatore Fred Noonan ci riprovano a giugno dello stesso anno.
Quando atterrano in Nuova Guinea, hanno percorso 35 000 chilometri, toccando Sud America, Africa, India e Asia Sud Orientale. Al decollo da Lae, il 2 luglio, restano da percorrere 11 000 chilometri sopra al Pacifico.
La prossima tappa è Howland, una lingua di terra lunga 2 chilometri e larga 500 m che emerge dall’oceano Pacifico per soli 3 metri. Lì li attende una nave della guardia costiera americana, con il compito di guidarli fino all’atollo nella parte finale del volo.
Ma l’Electra non raggiungerà mai Howland e nonostante le imponenti operazioni di ricerca, che coinvolgono 9 imbarcazioni e 66 velivoli, l’aereo ed i suoi occupanti non verranno mai ritrovati.
La Foto Ritrovata
La teoria più accreditata sull’incidente ipotizza che l’Electra, a corto di carburante, sia ammarato e poi affondato. Tesi che trae conferma anche da una delle ultime trasmissioni radio in cui Amelia sostiene di avere i serbatoi quasi vuoti.
Ma è noto – oggi più che mai – che il popolo raramente si accontenta delle soluzioni facili, lineari e, soprattutto, razionali.
Così, anche attorno alla storia di Amelia sono fiorite teorie che prevedono finali alternativi. Una di queste viene illustrata addirittura nel documentario Amelia Earhart: The Lost Evidence, prodotto nel 2017 da History Channel.
Secondo gli autori Amelia ed il suo navigatore non sarebbero affondati nel Pacifico, ed una foto ritrovata da un agente dell’FBI in pensione lo proverebbe.
L’ex agente sostiene che l’immagine, custodita nell’Archivio Nazionale, ritrarrebbe Amelia e Noonan nel porto di Jaluit alle Isole Marshall, allora sotto il controllo giapponese.
History Channell sostiene che gli analisti forensi Doug Carner e Kent Gibson hanno accertato l’autenticità della foto e, attraverso sofisticate tecniche di riconoscimento facciale, siano riusciti a confermare la tesi proposta dall’agente in pensione. Non solo, ma sembra che nell’immagine sia ben visibile anche l’Electra, rimorchiato nel porto su una chiatta.
Non una buona pubblicità per i due tecnici e per l’emittente televisiva, perché poco dopo Kota Yamao, blogger giapponese esperto di storia militare, ha effettuato una ricerca negli archivi della Biblioteca Nazionale Giapponese, digitando il termine “Jaluit Atoll” (il luogo in cui sarebbe stata scattata la fotografia), in appena 30 minuti ha rintracciando un diario di viaggio, pubblicato 2 anni prima dell’impresa di Amelia, che conteneva la foto citata nel documentario di History Channel.
Brutta storia, ma d’altra parte, com’è che si dice? Chi è senza peccato scagli la prima pietra.
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