La FotoCosa del Giorno | La Bambina, il Fotografo e l’Avvoltoio

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Viso ossuto, scavato, Kevin Carter è stato un uomo appassionato che ha esplorato e raccontato il lato oscuro dell’umanità. Membro del Bang Bang Club, le sue foto hanno mostrato al mondo la violentissima transizione che ha condotto il Sudafrica alla fine della segregazione razziale.

Nonostante fosse stato arrestato molte volte per le sistematiche violazioni delle leggi sudafricane che proibivano di documentare gli scontri, Kevin non poteva fare a meno di tuffarsi nel cuore del conflitto.

Gli orrori a cui ha assistito negli anni – roba difficile da osservare, figuriamoci da fotografare – lo sopraffanno la sera del 27 luglio 1994, quando, appena trentareenne, si uccide con il monossido di carbonio della sua auto alla periferia di Johannesburg.

La carriera di Kevin era iniziata nel 1983 come fotografo sportivo. Dopo aver lavorato per anni come freelance per molte agenzie fotografiche internazionali, aveva finalmente ottenuto un contratto con la Sygma di Parigi.
La notizia del suo suicidio è un fulmine a ciel sereno per familiari e amici, perché il 1994 era stato per Kevin un anno pieno di successi: aveva vinto un premio Pulitzer e l’American Magazine Picture of the Year per la famosa foto dell’avvoltoio e della bambina.

Nella fotografia una ragazzina è accovacciata a terra. Qualche metro dietro di lei, un avvoltoio attende che muoia.
Quando fu pubblicata dal New York Times, le proteste furono immediate e viscerali e non risparmiarono il fotografo, considerato da molti disumano per non aver lasciato la macchina fotografica ed essere corso in aiuto della bambina.
Ma Per quanto controversa fosse la foto, per quanto problematica potesse essere stata la ripresa di Carter, mentre la ragazza sedeva inerme, preda di un avvoltoio, l’immagine attirò l’attenzione del mondo sulla carestia che stava flagellando il Sudan. La gente se ne accorse e, all’improvviso, se ne preoccupò.
Nonostante questo, Kevin veniva punito per quel distacco emotivo che ogni giorno gli permetteva di portare avanti il suo lavoro. Un tratto necessario.
Più tardi divenne dolorosamente chiaro che non era stato affatto distaccato. Al contrario, era stato profondamente, fatalmente, colpito dagli orrori a cui aveva assistito.

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Fotografo

Fotografo e videomaker, dal 2009 si divide tra fotografia di matrimonio e documentaria. Come documentarista ha pubblicato su National Geographic Italia, L'Espresso e riviste minori. Come matrimonialista ha avuto l’opportunità di lavorare in Italia, Francia, Germania, Inghilterra, Svizzera e Bermuda. http://www.francescorossifotografo.it/