Cose d’arte | La Casa d’Arte

La rubrica Cose d’Arte non viaggerà attraverso luoghi ed eventi durante questo periodo di quarantena, ma resterà all’interno della casa, per farvi scoprire le tante sfumature che l’arte ha donato al rifugio domestico.

Nel corso della storia, molti artisti si sono cimentati nella rappresentazione dell’abitazione come luogo intimo e personale, come simbolo di storie e riflessioni appassionate sull’esistenza.

Questo vuole essere un omaggio alla CASA, una ricostruzione ideale di un’abitazione, attraverso 10 capolavori della storia dell’arte.

Immergiti tra i colori e i numerosi significati, immagina insieme a noi di abitare in una casa che cambia stile ed epoca ad ogni stanza.

La Casa

L’impero delle luci (1954) René Magritte

L’impero delle luci è uno dei più straordinari dipinti di René Magritte. Un’immagine semplice e rassicurante di una villetta isolata e immersa nell’oscurità della notte, illuminata da un lampione e luci provenienti da due finestre. Sullo sfondo il cielo è azzurro e cosparso di nuvole bianche, mattutine. Il dipinto accosta due momenti diversi, opposti tra loro: il giorno e la notte. Questa intensità di luci, che passa quasi inosservata ad un primo sguardo, crea un’atmosfera inedita e affascinante, a tratti oscura e misteriosa. Magritte esplora la contraddizione, crea un effetto di spaesamento per mettere in dubbio le certezze e le percezioni del pubblico: “Il paesaggio fa pensare alla notte e il cielo al giorno. Trovo che questa contemporaneità di giorno e notte abbia la forza di sorprendere e di incantare. Chiamo questa forza poesia” (R. Magritte).

Il Salotto

Modern Room (1991) Roy Lichtenstein

Nella serie Interior, Roy Lichtenstein integra la qualità prefabbricata di oggetti banali ad un gesto pittorico infuso di contorni spessi, colori vivaci e piani dalla superficie piatta. Non si tratta di ambienti progettati dall’artista ma di immagini riprese da inserzioni pubblicitarie trovate sulle pagine gialle e riprodotte nel consueto stile di Lichtenstein. In alcuni di questi quadri si trovano richiami e citazioni a Warhol e Pollock, come in Yellow Vase e Red Lamps. Sebbene gli Interior possano sembrare un esercizio di stile, sono in realtà delle capsule del tempo che permettono di osservare ambienti, mobili e decorazioni dell’epoca, come pure l’evolversi dell’immagine pubblicitaria.

La Sala da pranzo

Interno (La Mia Sala da Pranzo) (1909) Vasilij Kandinskij

La mia sala da pranzo (1909) di Kandinskij è un’esplosione di colori che annulla le forme e la composizione. Si intuisce la presenza di oggetti e mobili, ma la visione dell’artista inizia a dissolversi in figure scomposte che lo porteranno ad abbracciare unicamente l’astrattismo. Lo studio della casa è l’inizio della sua indagine sulla trasformazione del segno e della forma in simboli e suoni.

La Cucina

Still Life #30 (1963) Tom Wesselmann

Una grande cucina moderna e colorata, ricca di prodotti freschi e confezionati. Still Life #30 di Tom Wesselmann è una natura morta realizzata con pittura ad olio e smalto, con componenti reali, come uno sportello di frigorifero, collage di pubblicità stampata, fiori di plastica e repliche di bottiglie di 7-Up. Una fotografia della realtà, fatta di oggetti quotidiani combinati tra loro con colori e trame che esaltano la bellezza del reale e l’estetica del consumo.

La Camera da letto

La Camera ad Arles (1888) Vincent Van Gogh

La Camera da letto di Vincent Van Gogh del 1888 è considerato uno dei suoi più grandi capolavori. Rappresenta la sua camera nell’appartamento di Arles: un ambiente scarno, quasi vuoto, dipinto con pennellate grosse e colori accesi che vorrebbero suggerire, come lui stesso scrisse al fratello Theo, la calma del sonno. Quello che però doveva essere un quadro semplice, diventa in realtà uno specchio del suo suo disagio. Lo spazio, non geometricamente regolare, deforma la materia, creando una prigione, dove l’unica cosa che si rivela è il vuoto esistenziale dell’artista. Due sedie guardano il letto vuoto, come a sottolineare l’assenza e simboleggiare l’attesa di un calore umano che non arriva mai. Il letto è ordinato, colorato, pronto per due persone (?), ma eternamente vuoto.

Il Bagno

Ciò che l’acqua mi ha dato (1938) Frida Khalo

Il dipinto Ciò che l’acqua mi ha dato di Frida Khalo è intriso di storia, di eventi che hanno segnato la vita dell’artista. Nel bagno, luogo di intimità e analisi per eccellenza, sembra riflettersi la sua esistenza, l’acqua restituisce come uno specchio le esperienze, i dolori, i ricordi, le relazioni, paure e sessualità. Un’immagine surrealista dove si riconoscono personaggi e storie di una vita dolorosa, nella quale il sangue scorre, non solo nell’immaginazione e nel ricordo, ma nel reale dell’opera (sul piede destro che fuoriesce dall’acqua). Il dipinto è un invito a immergersi in in spazio interiore, in un luogo intimo che traspare come un flusso di coscienza.

Lo Studio

Astronomo (1668) Jan Vermeer

Il pittore secentesco Vermeer fu maestro nel ritrarre ambienti della vita quotidiana. Nei suoi dipinti appaiono personaggi attenti ai valori del lavoro e della famiglia, impegnati nella cura dei figli, nelle faccende della vita domestica, circondati da oggetti ricercati e di lusso. Attratto dalla luce che penetra negli interni attraverso finestre socchiuse, dal gioco dei riflessi, di penombre e controluce, ha spesso raffigurato lo studiolo come sede del lavoro di affascinanti figure come l’Astronomo, il Pittore, il Geografo, la Suonatrice di liuto. Nell’intimità di questo spazio, i protagonisti sembrano scrutati nel silenzio della riflessione, nell’entusiasmo della creazione. Vermeer restituisce un’eccezionale atmosfera dello studio, che affascina, tanto quanto conquistano le scoperte e il sapere.

Il Balcone

Il balcone (1868-69) Édouard Manet

Il balcone è lo scenario architettonico che apre la casa all’esterno. Il balcone di Edouard Manet espone una scena di vita borghese, un piacevole frammento di vita familiare e cittadina, tipico delle pitture dell’epoca. I personaggi, Berthe Morisot, sua allieva e pittrice, la violinista Fanny Claus, il pittore Antoine Guillemet sono i nuovi protagonisti della società, figure immobili, che non interagiscono tra loro e sono persi in un mondo interiore. Il balcone di casa, è simile al palco di un teatro, luogo dove si assiste ad uno spettacolo e si mette in mostra il proprio ruolo nella gerarchia sociale. La scena, seppure molto in linea con la moda dell’epoca, contrasta tutte le regole accademiche, poiché non racconta nessun avvenimento o aneddoto in particolare. Il dipinto fu infatti aspramente criticato e preso di mira da feroci caricature in occasione dell’esposizione al Salon del 1869, come molti altri dipinti di Manet (tema affrontato anche nella rubrica #LiberArtiCLAN, in riferimento al dipinto Colazione sull’Erba, vedi qui).

Nel 1950 il pittore René Magritte dipinse un rivisitazione geniale e inquietante de Il balcone, dal titolo Prospettiva II: il balcone di Manet. Raffigurò la stessa scena con macabre bare in legno al posto dei personaggi del quadro originale, non solo per citare il capolavoro, ma per mettere in evidenza l’affermazione della morte fisica dell’uomo e la fine di una classe sociale e di un’epoca.

Il Giardino

Il pergolato (1868) Silvestro Lega

Il dipinto in origine si chiamava Un dopo pranzo, titolo che descrive perfettamente la scena ritratta del caffè pomeridiano, una tradizione tipicamente italiana. Silvestro Lega raffigura un ambiente quotidiano con un realismo quasi fotografico. Un gruppo di donne, all’ombra di un pergolato in un pomeriggio estivo (suggerito dalle lunghissime ombre sulla pavimentazione del viottolo), attendono l’arrivo della domestica ritratta sulla destra con un vassoio e un bricco di caffè. Sullo sfondo la campagna retrostante dalle tonalità chiare e limpide che inondano la scena di una luminosità calda e diffusa. Una scena di vita familiare all’aria aperta che restituisce l’atmosfera placida e sonnolenta di un ordinario pomeriggio in giardino.

La Piscina

Portrait of an Artist (Pool with Two Figures) (1972) David Hockney

La piscina è uno dei simboli più potenti ed espressivi del mondo contemporaneo occidentale. Un simbolo del lusso e dell’artificiale, ma anche di un ritrovato contatto con la natura, un contenitore dove galleggiano libertà, sensualità e a volte anche la disperazione. Per David Hockney, la piscina (soggetto di molte sue opere), è una trappola dove catturare corpi e sospensioni, un elemento fondamentale della sua poetica, che si interroga sulla luce e sul movimento. I protagonisti del dipinto sono due uomini: il suo ex compagno Peter Schlesinger, vestito a bordo piscina, e un altro intento a nuotare tra i riflessi e i colori pop di una luce californiana. Mostrando un giovane che nuota verso Peter, l’artista riconosce l’amore perduto e il desiderio del suo compagno di avere un nuovo partner. L’opera può essere anche interpretata come un adattamento della raffigurazione rinascimentale del bagno nudo, che lava via la macchia dell’inquinamento in mezzo alla pace della natura.

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