L’abitudine di rifarsi il letto la mattina, a dispetto di tutti i buoni propositi e delle varie teorie che promettono benefici fisici e mentali, mi è sembrata da sempre una noiosa perdita di tempo. Anche adesso che siamo isolati tra le mura di casa, non trovo mai due minuti della mia noia da dedicare a questa azione. Preferisco vedere le pieghe, i colori, le righe, il caos, mi confondono e sembrano star bene con l’ambiente. Rifare il letto significherebbe cancellare i sogni e disperdere l’unica cosa che ancora possediamo davvero, noi stessi.
Mi chiedo quindi se sia veramente importante rifarsi il letto la mattina. C’è chi sostiene sia un modo per cambiare la propria vita e il mondo, chi preferisce non dare importanza al disordine. Qualunque sia il pensiero, dobbiamo ammettere che ogni letto sfatto, se osservato attentamente, è capace di raccontare una storia e delineare il segno di un vissuto personale, che in pochi possono conoscere. Ogni mattina è diverso, ogni giorno diviene la rappresentazione del nostro agire inconscio, dei sogni, della bellezza delle emozioni. È una vera opera d’arte, la nostra personale opera d’arte in divenire.
Questa riflessione è comune a molti artisti, che tra le lenzuola stropicciate hanno tracciato un segno inconfondibile della loro poetica, rappresentando emozioni con il semplice uso di oggetti, come testimonianza di una quotidianità carica di significati simbolici.
Di seguito si propongono alcuni esempi di celebri letti sfatti.
Il letto disfatto – Eugène Delacroix
Eugène Delacroix, celebre per dipinti come la Libertà che guida il popolo, sorprende per la realistica rappresentazione del suo letto vuoto, studiato in ogni minimo dettaglio e mostrato come una natura morta all’interno di una dimensione domestica e privata. In piena epoca romantica inizia a delinearsi la volontà di esprimere una riflessione sulla condizione umana comune, dare una dignità a ciò che l’anima racconta.
The Breakfast Tray (1910) Elizabeth Okie Paxton
Nei primi anni del Novecento, significativo è il dipinto di Elizabeth Okie Paxton, pittitre americana della Boston School, un importante gruppo di artisti noti per aver rappresentato splendidi interni, paesaggi e ritratti. In The Breakfast Tray, l’artista si discosta dalle rassicuranti immagini di interni incontaminati, tipici dello stile di Boston, per mostrare simbolicamente una scena provocatoria della camera da letto. Il dipinto descrive un ambiente sensuale e disordinato con una serie di dettagli che fanno intuire sensibilità e sessualità moderne: “La protagonista di The Breakfast Tray è una donna nuova, istruita e beneficiaria di una migliore assistenza sanitaria. Sostiene il diritto di voto delle donne, la libertà di lavorare fuori casa, di andare a teatro da sola e di acquistare oggetti che usa per creare uno spazio intimo tutto suo, proprio come vediamo nel quadro. Ma il suo non è un mondo senza uomini, sta cercando e trovando una nuova libertà sessuale.“
Bed (1955) Robert Rauschenberg
Il letto di Robert Rauschenberg del 1955 è un quadro creato con lenzuola e cuscino, fissati su una tavola con dei chiodi. Bed fa parte della serie Combines, lavori che uniscono pittura e scultura in un’unica opera d’arte. L’artista dipinge su oggetti comuni personali o trovati, non più su una tela tradizionale e mostra una molteplicità di significati, tra cui il disordine e il caos della vita quotidiana. Molti critici sostengono che Bed sia un ritratto senza volto, una di quelle opere che incanalano le convenzioni del ritratto ma non lo identificano chiaramente in un soggetto. L’opera si può definire una storia personale, uno spazio abitato dove è presente l’umanità dell’artista, le sue lenzuola, il gesto fisico ed espressivo della sua pittura: è un vero e proprio ritratto di sé e del suo inconscio.
My Bed (1998) Tracy Emin
Nell’arte la rappresentazione del letto, con i suoi risvolti concettuali, personali e inconsci, diviene sempre più improntato al reale. Tracy Emin, infatti, nel 1998, decide di esporre direttamente il proprio letto in un museo, senza filtri, aggiunte e omissioni.
L’artista immortala per sempre un pezzo di vita rendendola pubblica: vestiti, lenzuola, mozziconi, bottiglie, biancheria intima, pillole, polaroid, tutto ciò che resta di un dolore e di un amore. My Bed è l’essenza del ricordo e dell’angoscia, uno stato d’animo composto di minuziosi dettagli, che affascina per la sua impressionante sincerità. L’opera nasce da una delusione amorosa dell’artista, da un periodo passato in camera senza uscire, a disperarsi tra le lenzuola. Tracy Emin, dopo cinque giorni di reclusione, osservando la sua stanza, si accorse che gli oggetti quotidiani avevano invaso lo spazio, e al centro della scena, quel letto confusionario e sporco, sembrava avere una storia da raccontare, la sua. Capisce che mostrare una scena così drammatica, cruda e intima era l’unico modo di parlare sé, di fare la sua arte: nasce così l’installazione My Bed, esposta alla Tate Gallery.
Untitled 1991 – Felix Gonzales-Torres
Con la fotografia il letto vuoto e sfatto viene consacrato a simbolo dell’esistenza e della presenza/assenza. Gli esempi sono molteplici, ma uno in particolare colpisce per la profondità del messaggio: Untitled 1991 di Felix Gonzales-Torres.
L’artista realizza un’unica immagine di un letto vuoto, con cuscini che riportano il solco di due teste e un panneggio di lenzuola lieve e delicato. Affitta 24 cartelloni pubblicitari nei punti più trafficati di New York e mostra alla città, quel letto dove ha dormito, sognato, fatto l’amore con il suo compagno, da poco morto, a causa dell’Aids. Il segno dei corpi, che si percepisce dal chiaroscuro, enfatizza la sofferenza, risalta il dolore della scomparsa. Quell’assenza parla di amore, di intimità, di coppia. L’immagine è silenziosa, senza parole e slogan, e sistemata in un grande cartellone in strada, sembra diffondere un messaggio rivolto alle emozioni di tutti.
Felix Gonzales-Torres, anche lui morto a causa dell’AIDS nel 1996, ha sempre incentrato il suo lavoro su l’uso di oggetti quotidiani, semplici e vitali, quanto intimi, capaci di coinvolgere emotivamente il pubblico con un dialogo vivo e partecipativo.
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