#LiberArtiCLAN | Thérèse Sogna

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#LiberArtiCLAN | Parliamo di Censura

La censura, nell’arte e nella cultura, ci dice molto sulle società che l’hanno imposta, perché ci parla delle loro fobie.
E la paura, lo vediamo oggi più che mai, è l’inchiostro con cui si scrive la storia.

Ogni settimana vi raccontiamo una storia di censura, perché non dobbiamo dimenticare che le nostre libertà – in primis quella di espressione – sono tutt’altro che scontate.

Balthus, Thérèse revânt, 1938. The MET, New York.

Al centro del dibattito sulla censura è finito nel 2017 un dipinto del 1938 del maestro Balthus, esposto al Metropolitan Museum di New York: “Thérèse Dreaming” (letteralmente “Thérèse che sogna”). L’opera, rappresenta una delle tante ragazzine sensuali, che l’artista francese rese oggetto delle sue visioni intime e insolite, sospese in un’atmosfera da sogno.

Balthus concentrava infatti la sua attenzione sull’esplorazione dell’infanzia, un periodo della vita idealizzato, in cui tutto è in divenire, il desiderio e la fantasia. Ogni opera è carica di un erotismo filtrato da malinconia senza tempo, da corpi scolpiti con luce soffusa e seducente: “Io non dipingo il sogno, dipingo la sognatrice” spiegava l’artista. Un concetto e una poetica, ancora oggi, difficili da accettare.

La petizione contro il Metropolitan Museum

A New York, sulla scia del caso Weinstein, degli scandali sessuali e della nascita del movimento #MeToo, una giovane visitatrice del Met, travolta da un moralismo ingenuo (che depotenzia difatti la coraggiosa e doverosa battaglia delle donne per smascherare un tratto culturale della società), crea su internet una petizione per rimuovere quell’immorale dipinto dal museo:

Considerato l’attuale clima intorno alle moleste sessuali e alle accuse pubbliche che aumentano ogni giorno, mettendo in mostra questo dipinto, il Met sta nobilitando il voyeurismo e la riduzione dei bambini a oggetti”.

Ottomila firme sono state raccolte in poche ore. Il Met ha prontamente risposto con un categorico rifiuto, sottolineando che la missione di un’istituzione museale è quella di “raccogliere, studiare, preservare e presentare” le opere di artisti di ogni genere ed epoca. Quindi, nessuna censura, il quadro è rimasto e rimane in esposizione.

Balthus travolto dalla censura

Non aveva avuto la stessa fermezza il Museo Folkwang di Essen, in Germania, quando pochi anni prima, annullò una mostra di polaroid scattate da Balthus nel suo chalet svizzero, dove viveva con la giovanissima moglie giapponese. Le foto fungevano da appunti, bozzetti preparatori, quando il pittore ormai ultraottantenne, faceva fatica a disegnare. Un’unica giovanissima modella, fotografata dagli 8 ai 16 anni con il consenso dei genitori. Troppo audace e ambiguo, il direttore preferì evitare le polemiche e possibili denunce, a seguito di articoli già apparsi sulla stampa.

L’arte non è uno specchio cui riflettere il mondo, ma un martello con cui scolpirloV. Majakovskij

Queste vicende fanno riflettere sul ruolo dell’arte e sulla funzione dell’artista, nella storia e nel contemporaneo. Come spiega la scrittrice Anna Giurickovic, “la gente si indigna, chi da un lato, chi dall’altro: ma deve l’arte essere utile, portatrice di valori morali, o non ha nulla a che vedere con la funzione educativa che alcuni sembrerebbero pretendere?” E quale forza educativa ha la censura? “Qualcuno troverà Thérèse attraente, qualcuno se ne sentirà respinto, altri ancora, si spera, proveranno tenerezza. Quel che importa – quel che l’arte chiede ai suoi amatori – è che la gente pensi. Come può confondersi la morale con l’arte, se questa è l’espressione di aspetti profondi, strumento per esternare le angosce, l’inconscio, l’insoluto, il dramma e le contorsioni dell’umanità? Dalla pittura al cinema, dalla letteratura al mito: se ogni epoca storica dovesse distruggere le opere d’arte che ritiene incarnino aspetti deplorevoli – la follia, le guerre, la sessualità – non resterebbe traccia di nessuna produzione artistica.

L’arte non è pericolosa, immorale, pornografica. Siamo noi a riversare su di essa le nostre infinite paure. Cerchiamo di nascondere le nostre convenzioni, nevrosi e frustrazioni in queste immagini che vogliamo negare, per non sentirne il forte brivido che emanano. Facciamo delle opere che vediamo, uno specchio involontario e perverso, per rimuovere inquietudini ed evitare turbamenti.

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